Tra le tante cose che ci ha tolto questo maledetto coronavirus c’è anche la settimana della haute couture di giugno. Le sfilate di haute couture si svolgono 2 volte l’anno a Parigi e, a differenza del ready to wear, presentano le collezioni per la stagione immediatamente successiva, dunque a giugno avremmo dovuto vedere le collezioni autunno inverno 2020/21. Sono organizzate dalla Chambre Syndicale de la Haute Couture, l’organo che gestisce l’alta moda in Francia e che decide se una casa di moda può o meno sfilare a Parigi.
Nonostante i vestiti di haute couture costino moltissimo, fruttano davvero poco alle aziende: circa l’1 per cento del valore di un abito. Le maison, dunque, creano le linee di alta moda soprattutto per prestigio. Ma chi può permettersi di avere una linea Haute Couture? Chanel, Dior, Elie Saab, Jean Paul Gaultier, Givenchy, Schiaparelli, Versace, Valentino, Giambattista Valli e pochissimi altri.
Le case di moda che creano abiti HC non fanno tutto da sole, ma si avvalgono dell’aiuto di aziende specializzate. Circa 14 anni fa Chanel ne ha acquistate tantissime, garantendo loro la sopravvivenza. Ci sono per esempio Lesage, specializzata nei ricami preziosi, Lemarie nelle piume, Massaro nelle scarpe, e tante altre. In uno dei documentari che vi linkerò alla fine dell’articolo, possiamo vedere il lavoro di artigiani specializzati nel plissé, non avevo idea dell’esistenza di questo mestiere e delle meraviglie che queste persone riescono a fare.
La haute couture è il punto zero della moda, la sua origine. Il primo couturier, Charles Frederick Worth, iniziò a lavorare a Parigi nel 1858 e fu il primo a pensare a delle collezioni da far sfilare nel suo atelier per la sua clientela d’eccezione.
Il principio su cui si fonda l’alta moda è l’unicità di ogni abito, realizzato a mano e su misura per la cliente. Ancora oggi questo principio è rimasto: un abito HC per essere definito tale deve essere completamente realizzato a mano, ci vogliono innumerevoli ore di lavoro e il prezzo raggiunge vette difficili da immaginare al giorno d’oggi. Le clienti che possono permettersi un capo HC infatti sono circa duemila in tutto il mondo.
Mentre ci sembra che la moda vada ad una velocità supersonica, creando nuove collezioni senza darci il tempo di apprezzare quelle appena passate e quasi imponendo nuovi trend per poter dare qualcosa di cui parlare a tutta l’industria che ci gira attorno, l’haute couture è lenta, lentissima. Per produrre vestiti senza tempo ci vuole tempo, il vero lusso di questi giorni.
Il primo documentario si trova su Netflix ed è un episodio della serie 7 Days. Lo scopo di questa serie è farci scoprire il dietro le quinte di grandi eventi del mondo dello sport, della gastronomia e anche della moda. Un episodio infatti è dedicato ad una sfilata HC di Chanel, possiamo vedere cosa accade in atelier durante i 7 giorni che precedono la sfilata.
Qui un documentario su YouTube che si chiama “I tesori della haute couture”, è in francese ma con i sottotitoli secondo me è comprensibile.
Sempre su YouTube si può trovare un documentario girato da Loic Prigent (che vi consiglio di seguire su YT), qui la prima parte e qui la seconda.
In ultimo vi lascio un articolo di Alexander Fury del 2015, l’enigma della haute couture.


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