Il momento in cui ho toccato il fondo nel mio rapporto con la moda è stato quando mi sono trovata a dover traslocare dalla mia stanza in un appartamento in condivisione a Milano al bilocale con il mio allora fidanzato, oggi marito.
Non dimenticherò mai il suo sguardo quando ha visto il mio armadio strabordante di vestiti e quando gli ho confessato che possedevo dei capi con ancora l’etichetta che non avevo mai indossato, e non gli avevo mai indossati perché in effetti non mi stavano bene. Li avevo presi da Zara o da Mango o in un altro negozio del fast fashion durante i saldi e mi sembravano un’occasione da non perdere.
In quel momento credo che lui abbia pensato seriamente di rivedere la sua proposta di vivere assieme, e io ho cominciato a capire che al mondo esistono persone che non hanno quel rapporto con i vestiti e che –hey– ero io ad avere un problema.
La mia storia non ha nulla di straordinario, è simile a quella di moltissime amanti della moda della mia età, che sono cresciute con il fast fashion e a cui il fast fashion ha completamente cambiato la percezione del valore dei vestiti, dei materiali e della manodopera.
Per forza di cose ho dovuto fare un decluttering prima ancora che la parola decluttering fosse di moda e Marie Kondo diventasse la guru indiscussa dell’ordine mondiale. Ho cominciato a riflettere sull’argomento e a pensare anche al mio rapporto con i soldi e ho cominciato a comprare meno, ma sempre a caso.
Due spinte ad un enorme decluttering del mio armadio sono arrivate dalla già citata Marie Kondo e dalla visione di un documentario agghiacciante sul fast fashion, The True Cost. Credo che sia molto conosciuto al momento, tante influencer ne hanno parlato ed è disponibile su Netflix, guardatelo.
Dimenticavo la terza spinta: nel frattempo ci siamo trasferiti a Parigi, dove gli appartamenti sono costruiti su misura per famiglie di lillipuziani ma con il budget delle Kardashian.
Avendo eliminato il superfluo stringendo al petto magliette e vestiti e cercando di capire se mi procuravano gioia, sono arrivata ad un guardaroba che mi soddisfaceva a metà. C’erano si i pezzi che mi stavano meglio, ma io non avevo trovato il mio stile. Lo stile non ha nulla a che fare con la moda, intesa come le ultime tendenze. Lo stile parla di noi, è la nostra firma nel mondo, ci semplifica la vita la mattina davanti all’armadio e ci fa risparmiare tanti tanti soldi.
Trovare il nostro stile passa per la conoscenza che abbiamo di noi stesse e per il coraggio che abbiamo di essere noi stesse nel mondo. Alle volte per capire chi siamo e cosa ci piace serve semplificare. Quello che mi ha aiutata davvero a capire meglio il mio stile è stato creare il mio primo guardaroba capsula.
Il guardaroba capsula è una selezione dei nostri vestiti, una specie di mini collezione, che decidiamo di usare per un determinato periodo di tempo, di solito 3 mesi.
Quando mi sono approcciata al guardaroba capsula pensavo fosse troppo minimalista per me, e invece era proprio quello che ci voleva. Semplificare, ridurre. Osservare quello a cui tengo davvero, abbinare i capi e creare nuovi outfit che si ripetono e creare quindi la mia divisa. Poi ne ho creati ancora e ancora e ho imparato sempre qualcosa di nuovo su di me e sul mio stile.
Ho trovato così importante questo argomento che ho deciso di scrivere una guida, è gratuita ma ci ho messo dentro tutta la mia esperienza e le mie tecniche che utilizzo anche nelle mie consulenze. Se ti interessa la trovi qui.
Grazie per avermi letta sino a qui, al prossimo articolo!
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